fig1Dopo il divieto di impiego dell’amianto, normato con la Legge n. 257 del 27 marzo 1992, le fibre artificiali vetrose (FAV) rappresentano, “tra i materiali sostitutivi”, il “gruppo commercialmente più utilizzato, trovando interessanti applicazioni dal punto di vista industriale”. Una diffusione che è dovuta alle particolari proprietà tecnologiche di queste fibre: “elevata stabilità chimica e fisica, non infiammabili, resistenti alle condizioni ambientali e ai microrganismi, proprietà dielettriche e di isolamento dalle sollecitazioni termiche ed acustiche”.

E’ la FAV a fornire utili informazioni sull’esposizione nel mondo del lavoro è un recente factsheet, prodotto dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’ Inail, dal titolo “Fibre artificiali vetrose”.

La classificazione delle fibre artificiali vetrose

L’esposizione a FAV e i possibili effetti sulla salute

Gli obblighi del datore di lavoro e i valori limite

 

La classificazione delle fibre artificiali vetrose

Il factsheet, a cura di A. Cannizzaro, F. Angelosanto, A. Iannò, A. Campopiano, ricorda che le FAV, fibre inorganiche a struttura amorfa conosciute anche come man-made vitreous fiber (MMVF) o synthetic vitreous fibers (SVF), “fanno parte del grande gruppo delle man-made mineral fiber (MMMF)”.

Appartengono alle fibre artificiali vetrose: “lana di vetro, lana di roccia, lana di scoria, fibre di vetro a filamento continuo, fibre ceramiche refrattarie (FCR) e lane di nuova generazione (alkaline earth silicate e high alumina, low silica wools)”.

Riguardo poi alla classificazione si indica che i criteri di classificazione delle FAV per l’attribuzione di ‘cancerogeno’ “tengono conto del contenuto in ossidi alcalini e alcalino-terrosi, del diametro medio geometrico pesato sulla lunghezza e della biopersistenza della fibra”.

 Secondo i principi “previsti nell’Allegato VI del Regolamento (CE) n. 1272/2008 le FAV sono classificate in:

lane minerali: “FAV con un contenuto in ossidi alcalini e alcalino-terrosi superiore al 18% in peso”;

fibre ceramiche refrattarie: “FAV con un contenuto in ossidi alcalini e alcalino-terrosi inferiore al 18% in peso”.

Inoltre:

“le fibre sono esonerate dalla classificazione di cancerogenicità se presentano un diametro geometrico medio ponderato sulla lunghezza meno due errori geometrici standard (DLG-2ES) superiore a 6 µm (Nota R).

“la classificazione come cancerogeno non si applica per quelle fibre per cui è possibile dimostrare che hanno bassa biopersistenza (Nota Q)”.

 Riprendiamo alcune immagini esplicative sulla classificazione delle fibre artificiali vetrose:

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INAIL: FIBRE ARTIFICIALI VETROSE

L’esposizione a FAV e i possibili effetti sulla salute

Il factsheet Inail continua ricordando che l’esposizione a FAV “può avvenire per contatto diretto con gli occhi e con la pelle o tramite inalazione delle fibre aerodisperse”.

In particolare l’esposizione lavorativa alle fibre artificiali vetrose “riguarda principalmente i lavoratori coinvolti nei seguenti settori:

costruzione e manutenzione di edifici;

installazione e rimozione di isolamenti;

produzione industriale di FAV”.

L’esposizione a FAV negli ambienti indoor “dipende dalla probabilità con la quale si verifichi un rilascio di fibre nell’ambiente circostante”. E “l’entità del rilascio di fibre da un materiale contenente FAV dipende:

dalla consistenza del materiale (friabile o compatto);

dallo stato di conservazione (integro o danneggiato);

dalla presenza o meno di vernici o strati protettivi”.

La potenziale tossicità delle FAV in seguito ad inalazione è determinata da diversi parametri tra cui la dimensione delle fibre che ne determina l’inalabilità nei diversi distretti dell’apparato respiratorio, composizione chimica e biopersistenza, cioè la capacità di una fibra di riuscire a permanere nell’apparato respiratorio sfuggendo ai meccanismi fisiologici di clearance polmonare dell’ospite esplicando i suoi effetti tossici. In associazione ad esposizione a fibre artificiali vetrose “si riscontrano effetti irritativi sulla pelle per azioni di tipo meccanico quali sfregamento, irritazioni oculari e di mucose ed effetti infiammatori a carico delle strutture polmonari. Diversamente dagli altri tipi di FAV, per le FCR si riscontra infiammazione persistente dell’apparato respiratorio con evoluzione in placche pleuriche e fibrosi polmonare. L’infiammazione cronica è ritenuta un fattore predisponente l’insorgenza di neoplasie”.

Nel 2002 l’International Agency for Research on Cancer (IARC) “ha classificato la lana di vetro, la lana di roccia, la lana di scoria e le fibre di vetro a filamento continuo come ‘non cancerogeni per l’uomo’ a causa dell’inadeguata evidenza di cancerogenicità e per la bassa biopersistenza mostrata da questi materiali, inserendoli pertanto nel Gruppo 3. Le FCR vengono mantenute nel Gruppo 2B e classificate come ‘possibili cancerogeni per l’uomo’ a causa della relativamente alta biopersistenza mostrata e dei dati in letteratura. Per le fibre di nuova generazione la IARC non ha dato una valutazione a causa dell’insufficiente disponibilità di dati in letteratura, sebbene tali fibre sembrino avere basso potere cancerogeno”.

Gli obblighi del datore di lavoro e i valori limite

Veniamo, infine, agli obblighi del datore di lavoro.

La scheda informativa dell’Inail segnala che “al fine di ridurre i livelli di esposizione a FAV il datore di lavoro deve fornire ai lavoratori gli adeguati dispositivi di protezione individuali (DPI) fornendo loro tutte le informazioni necessarie al fine di limitarne gli effetti come riportato nel Titolo IX (Sostanze pericolose) del d.lgs. 81/2008 e s.m.i”.

 

In particolare “nel caso di esposizione a lane minerali, che ricadono nel Capo I Protezione da agenti chimici, il datore di lavoro dovrà effettuare la valutazione del rischio adottando tutte le misure generali a fini preventivi. Per le FCR che ricadono nel Capo II Protezione da agenti cancerogeni e mutageni, il datore di lavoro oltre ad effettuare la valutazione del rischio, dovrà mettere in atto tutte le procedure preventive e protettive che riducano al minimo o eliminino completamente l’esposizione dei lavoratori a tale materiale (sostituzione del materiale se tecnicamente possibile o utilizzo di un sistema chiuso al fine di ridurre il livello di esposizione)”.

Per quanto riguarda le operazioni di coibentazione/ rimozione di materiali contenenti FCR, con particolare riferimento a quelli in matrice friabile, le indicazioni tecniche da seguire per garantire un’adeguata prevenzione e protezione della salute devono risultare analoghe a quelle previste dal d.m. 06/09/1994, relative alla bonifica di materiali contenenti amianto.

Per i lavoratori esposti a FCR “è sempre obbligatoria l’attivazione della sorveglianza sanitaria prevista all’art. 242 del Capo II del Titolo IX”.

Il documento, che riporta anche i vari riferimenti normativi, ricorda che la legislazione italiana “non prevede valori limite di esposizione per le FAV nei luoghi di lavoro, né valori guida per concentrazioni medie giornaliere negli ambienti indoor e tantomeno outdoor”.

Comunque, come suggerito dalla circolare 15 marzo 2000, n. 4 del Ministero della Sanità – Note esplicative del decreto ministeriale 1° settembre 1998 recante: "Disposizioni relative alla classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose (fibre artificiali vetrose) – nel caso di esposizione lavorativa a fibre artificiali vetrose “si utilizzano i valori limite soglia (TLV-TWA) di esposizione dell’American Conference of Governmental Industrial Hygienist (ACGIH) pari a: 0,2 f/cm3 per le FCR; 1 f/cm3 per lana di roccia, lana di vetro, lana di scoria e fibre di vetro a filamento continuo”.

Classificazione di pericolo

Le FAV hanno differenti proprietà fisiche e chimiche; ai fini della tutela della salute, le più importanti sono la composizione e la dimensione delle fibre.

La prima determina la bio-persistenza (ovvero il tempo di ritenzione all’interno del polmone); è infatti assodato che le fibre con elevate concentrazioni di questi ossidi sono bio-solubili e dunque poco bio-persistenti; ciò significa che queste fibre vengono smaltite dall’organismo prima che possano dare luogo ad eventuali effetti nocivi.

La dimensione, invece, determina la respirabilità delle fibre (le fibre più piccole sono in grado di penetrare profondamente all’interno delle vie respiratorie).

I valori assunti da queste due grandezze sono alla base dei criteri di classificazione delle FAV ai sensi delle Direttive 67/548/CE e 99/45/CE e s.m.i. e del regolamento (CE) n. 1272/2008 (CLP) del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele, che entrerà pienamente in vigore il 1° giugno 2015.

Tale legislazione assegna classificazioni di pericolo, frasi di rischio e consigli di prudenza.

Alle FAV (nello specifico alle lane minerali ed alle FCR) è assegnata una classificazione in merito alla cancerogenicità.

Di seguito si presenta la classificazione ai sensi del solo regolamento CLP, poiché, rispetto a quella delle Direttive, differiscono solo i nomi delle classi e l’etichettatura, e perché il regolamento CLP, avente effetto a partire dal 1 dicembre 2010 per alcuni aspetti, dopo un periodo di transizione fino al 1° giugno 2015, andrà a sostituire integralmente le Direttive 67/548/CE e 99/45/CE e s.m.i.

  Descrizione Etichettatura
Categoria 1A sostanze note per gli effetti cancerogeni sugli esseri umani     Pericolo
Categoria 1B sostanze con un presunto potenziale cancerogeno sugli esseri umani     Pericolo
Categoria 2 sostanze da considerare con sospetto per i possibili effetti cancerogeni sugli esseri umani Attenzione

Tabella 3 – Classificazione di cancerogenicità e relativa etichettatura secondo il regolamento CLP.

I casi possibili di classificazione di cancerogenicità delle FAV ai sensi del regolamento CLP sono dunque raffigurati nello schema seguente.

 

 

Figura 2 – Flowchart per la classificazione di cancerogenicità delle FAV ai sensi del regolamento CLP

Come già detto, sono fondamentali i valori assunti dalla concentrazione del contenuto di ossidi alcalini ed alcalino/terrosi e dal diametro delle fibre.

Nello specifico, si riporta integralmente la definizione della Nota Q e della Nota R.

Nota Q: La classificazione come cancerogeno non si applica se è possibile dimostrare che la sostanza in questione rispetta una delle seguenti condizioni: 

  • una prova di persistenza biologica a breve termine mediante inalazione ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20µm presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 10 giorni, oppure 
  • una prova di persistenza biologica a breve termine mediante instillazione intra tracheale ha mostrato che le fibre di lunghezza superiore a 20µm presentano un tempo di dimezzamento ponderato inferiore a 40 giorni, oppure 
  • un’adeguata prova intraperitoneale non ha rivelato evidenza di un eccesso di cancerogenicità, oppure 
  • una prova di inalazione appropriata a lungo termine ha dimostrato assenza di effetti patogeni significativi o alterazioni neoplastiche.

Nota R: La classificazione come cancerogeno non si applica alle fibre il cui diametro geometrico medio ponderato rispetto alla lunghezza, meno due errori geometrici standard, risulti superiore a 6µm.

In sintesi, la Nota Q stabilisce che la classificazione "cancerogeno" non si applica se è possibile dimostrare, con un test, che le fibre hanno bassa bio-persistenza (caratteristica comune alle fibre con elevata concentrazione di ossidi alcalini ed alcalino/terrosi).

La Nota R, invece, stabilisce che la classificazione “cancerogeno” non si applica alle fibre con diametro medio ponderale maggiore di 6 micron. Nel 1986 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) infatti definì come fibre respirabili tutte quelle particelle con lunghezza maggiore di 5 micron, diametro inferiore a 3 micron e rapporto dimensionale L/D superiore a 3.

E’ sufficiente il rispetto di una sola tra Nota Q e Nota R affinché le FAV non siano classificate come cancerogene.

Le lane minerali prodotte e distribuite dai soci FIVRA sono tutte conformi alla Nota Q e/o Nota R e non sono dunque classificate come cancerogene.

In particolare, per i soci FIVRA, il rispetto della Nota Q è attestato da autorevoli istituti di fama internazionale (coma ad esempio il Fraunhofer).

I soci FIVRA, per offrire la garanzia che ogni lotto della propria lana minerale commercializzata in UE sia conforme alla Nota Q, hanno tutti aderito volontariamente al marchio europeo EUCEB.

EUCEB (European Certification Board for Mineral Wool Products – http://www.euceb.org) è un ente di certificazione indipendente che verifica, attraverso un controllo continuo della produzione, il rispetto della composizione della lana minerale alla formula originaria, la cui conformità alla Nota Q è stata certificata dagli istituti di ricerca sopraccitati.

Grazie all’etichetta EUCEB, è possibile riconoscere facilmente quali lane minerali sono bio-solubili e sono quindi escluse dalla classificazione delle sostanze cancerogene.

Il regolamento CLP non assegna alcuna frase di rischio alle FAV (nel 2009 è stata infatti eliminata la frase di rischio “R38 – irritante per la pelle” perché gli effetti irritativi sono da ascrivere ad azione di tipo meccanico (sfregamento) e non alla composizione chimica) mentre assegna i seguenti consigli di prudenza S:

  • S 2-36/37: Conservare fuori della portata dei bambini – Usare indumenti protettivi adatti/Usare guanti adatti
  • S 53-45: Evitare l'esposizione procurarsi speciali istruzioni prima dell'uso – In caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico (se possibile, mostrargli l'etichetta).

Una diretta conseguenza di ciò è che le lane minerali prodotte e distribuite dai soci FIVRA non devono essere accompagnate da Schede Dati Sicurezza (SDS).

In merito alla cancerogenicità, è importante sottolineare che esiste una classificazione, ad opera dello IARC (International Agency for Research on Cancer – http://www.iarc.fr), la quale inserisce:

  • le lane minerali ed il filamento continuo nel gruppo 3 (non classificabile come cancerogeno per gli esseri umani);
  • le FCR e la lana di vetro per scopi speciali al gruppo 2B (possibile cancerogeno per gli esseri umani).
Gruppo 1 Cancerogeno per gli esseri umani
Gruppo 2A Probabile cancerogeno per gli esseri umani
Gruppo 2B Possibile cancerogeno per gli esseri umani
Gruppo 3 Non classificabile come cancerogeno per gli esseri umani
Gruppo 4 Non cancerogeno per gli esseri umani

Tabella 4 – Classificazione IARC.

Le conclusioni della IARC (pubblicate in una monografia nel 2002) sono basate sulle sole evidenze scientifiche di molteplici studi epidemiologici che spaziano su diverse decine di anni e correggono una precedente classificazione che aveva inserito tutte le FAV in gruppo 2B.

 

 

 

 

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RossellaConsulenzaDopo il divieto di impiego dell’amianto, normato con la Legge n. 257 del 27 marzo 1992, le fibre artificiali vetrose (FAV) rappresentano, “tra i materiali sostitutivi”, il “gruppo commercialmente più utilizzato, trovando interessanti applicazioni dal punto di vista industriale”. Una diffusione che è dovuta alle particolari proprietà tecnologiche di...