Esposizione a cancerogeni ed applicazione del D.lgs. 44/2020

 È ormai accertato che l'origine delle neoplasie sia riconducibile, nell' 80% dei casi circa, a fattori presenti nell'ambiente di vita, di cui il 90% è di natura chimica (identificabili nella dieta, come conseguenti ad abitudini voluttuarie quali fumo, alcool, all'inquinamento dell'ambiente di vita e di quello lavorativo). Il 2-8% circa sembra riconoscere un'origine professionale: questo dato deve essere criticamente valutato, dal momento che esso appare inficiato dal cosiddetto "effetto diluizione” (ampia scala di potenziale azione viene diluita dalle poche certezze dei fatti, in quanto l’eziologia di una neoplasia è spesso multipla e di difficile individuazione).

Il NIOSH ritiene infatti sottostimata tale percentuale, ritenendo più verosimile attribuire alle cause professionali una quota del 20%

                                                                                                                                      
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L’interazione tra una sostanza cancerogena e/o mutagena ed il DNA della cellula, porta a degli effetti macroscopici di carattere stocastico. Questi  effetti, anche detti probabilistici, differiscono dai canonici effetti di carattere deterministico in quanto presentano le seguenti caratteristiche:

  • Assenza di soglia: non richiedono il superamento di un valore soglia per manifestarsi;
  • Probabilità d’accadimento: tali effetti hanno una frequenza di comparsa minima ed essa non sempre è correlata alla quantità della dose assorbita;
  • Ampio tempo di latenza: si manifestano dopo anni dall'esposizione;
  • Assenza di graduazione: la dose non rende l'effetto più grave ma solo più probabile, perché sono effetti del tipo “tutto o nulla”;

Dunque, a differenza dagli effetti deterministici (o non stocastici), che hanno un livello di soglia, per cui,  non si ha alcun effetto, la cui gravità, dipende dall'entità dell'esposizione, gli effetti probabilistici avvengono casualmente, spesso senza un livello soglia. L'entità dell'esposizione è collegata alla maggiore o minore probabilità che tali effetti si manifestino, non alla loro gravità.

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In quanto riguardano piccole dosi di agenti potenzialmente pericolosi, ma possono essere di volta in volta cumulati e provocare danni a lungo termine.

Il Testo unico per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ( D.Lgs 81/08 e s.m.i.) all’art. 234 definisce un agente cancerogeno come:

1) una sostanza o miscela che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1 A o 1Bdicui all’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio;

 

2) una sostanza, miscela o procedimento menzionati all’Allegato XLII del presente decreto, nonché sostanza o miscela liberate nel corso di un processo e menzionate nello stesso allegato.

La normativa introduce anche l’obbligo, più importante, che il datore di lavoro è  in capo a tutto. Il datore di lavoro è quel soggetto che secondo il Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro è titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, si deve intendere il soggetto che a seconda dell’organizzazione aziendale che dirige, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.

Concetto che viene poi ampliamente esplicitato all’art. 236, dove il datore di lavoro è tenuto ad effettuare una valutazione dell'esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di valutazione dei rischi.

Detta valutazione, tiene conto, in particolare, delle caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacità degli stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e, qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto inoltre di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo. La norma ricorda come il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione, debba adottare idonee misure preventive e protettive, ponderandole alle particolarità delle situazioni lavorative.

Per tale motivo il primo passo, è una corretta valutazione dei rischi (DVR), ridurli/ove possibile, eliminarli. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzo di un agente cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

RossellaConsulenzaEsposizione a cancerogeni ed applicazione del D.lgs. 44/2020  È ormai accertato che l'origine delle neoplasie sia riconducibile, nell' 80% dei casi circa, a fattori presenti nell'ambiente di vita, di cui il 90% è di natura chimica (identificabili nella dieta, come conseguenti ad abitudini voluttuarie quali fumo, alcool, all'inquinamento dell'ambiente di...